Con questa realizzazione Lugano si arricchisce di una costruzione totalmente nuova che tuttavia rispetta il vincolo, confermato anche da una votazione popolare, rappresentato dal mantenimento delle facciate storiche (facciata est verso lago e facciata sud che si estendeva verso il parco preesistente). L’intervento inteso come restauro è stato dunque circoscritto alle sole facciate che rappresentano una vera e propria quinta teatrale attraverso la quale entra in scena l’architettura contemporanea. Il complesso dell’ex-Palace ha conosciuto nel suo secolo e mezzo di vita vicende molto tormentate. Nel tempo, incendi, distruzioni, abbandoni, crolli, intemperie hanno contribuito a rendere l’interno di questo involucro un immenso ammasso di rovine. E quando il Municipio ha alienato questa sua proprietà, Sergio e Geo Mantegazza, Maria Luisa Garzoni e Mario Albek hanno assunto l’impegno di restituire a Lugano una porzione importante del tessuto cittadino. Il progetto riafferma l’esperienza originaria ma alla luce della nuova architettura e dei nuovi materiali, a cominciare dall’utilizzo dei rivestimenti in metallo previsti per le facciate nord e ovest. Volutamente è stato scelto di rifuggire da ogni falsa emulazione dell’antico per aggiungere alla storia dell’edificio un nuovo capitolo dedicato alla contemporaneità. Il riutilizzo delle facciate nel segno progettuale dell’intero complesso è stato dunque quello di far convivere due realtà temporali contrapposte e ben distinte. La ricerca di questo non facile equilibrio non ha compromesso in alcun modo la chiave di lettura delle singole stratificazioni dell’edificio. Compito progettuale è stato inoltre quello di relazionare la lunga facciata retrostante, espressione della nuova e contemporanea architettura, alla severità e alla serenità dell’antico chiostro. La corte e il chiostro vivono ora di una nuova luce riflessa nella materialità del nuovo edificio che non contrasta, ma anzi lega i materiali presenti negli edifici adiacenti. Anche nel segno architettonico la bucatura delle facciate retrostanti riprende la verticalità che ritroviamo in quelle del convento, tuttavia rivisitate in modo contemporaneo. Il mantenimento delle facciate storiche e la loro valorizzazione è stato uno dei temi di maggior impegno, sia dal lato architettonico sia da quello tecnico. Tutte le parti gravemente danneggiate o mancanti sono state rifatte in modo fedele secondo i rilievi o attraverso quanto recuperato e depositato in cantiere. Il concetto proposto è stato quello di un restauro conservativo a regola d’arte a fronte di una realtà degradata per l’incuria sopportata nel tempo. A questo si aggiunge l’eterogeneità dei materiali che compongono i muri perimetrali dovuta alla loro costruzione in situazioni diverse e in epoche successive. Tutto ciò ha notevolmente accresciuto la complessità e la delicatezza del mantenimento dell’intervento di restauro. Le facciate sono state dapprima stabilizzate con un apposito traliccio metallico provvisorio fondante su micropali infissi in precedenza. La parete è stata in seguito rinforzata a settori con adeguati elementi in cemento armato. Per il delicato restauro delle facciate sono state adottate tecniche non invasive per la rimozione delle tracce di inquinamento, mentre per l’aspetto dell’intonaco di facciata ci si è riferiti ai colori originari, ricostruiti attraverso una documentazione storica. Tutto questo attento lavoro si è compiuto sotto lo sguardo vigile dei quattro Omenoni che costituiscono un elemento importante nel sentito dei luganesi. Il nuovo edificio, con la sola eccezione delle facciate storiche, è stato costruito completamente a nuovo e dunque esprime nel segno architettonico la contemporaneità dell’intervento offrendo una chiara lettura del vecchio e del nuovo. Questa precisa volontà si esprime anche nella scelta dei materiali utilizzati. Le facciate verso il chiostro e la corte verde sono state realizzate mediante una parete strutturale portante rivestita in lastre di metallo articolate con lisce superfici vetrate. La facciata stretta verso il Teatro (ovest) è stata realizzata senza aperture e senza marcare nessuna zoccolatura. Al piano terra le facciate interne verso nord sono prevalentemente espresse da elementi in vetro. Infine, grande attenzione e rispetto sono stati posti, in ogni fase della costruzione della nuova Residenza Grand Palace, nel modo di relazionarsi con l’adiacente edificio della chiesa di S. Maria degli Angioli, al cui interno sono conservati straordinari tesori d’arte. L’intervento ha portato a prevedere la formazione dei due piani interrati a una distanza di sicurezza di 13,50 m dal muro della chiesa. Le parti fuori terra sono portate in aggetto da una struttura in cemento armato poggianti su pali. Questo approccio progettuale molto prudente ha dato le sufficienti garanzie per non interferire con la muratura e le fondazioni in infissi di pali di legno della chiesa. La Residenza Grand Palace, insieme all’adiacente centro culturale LAC, propone una nuova visione non solo del lungolago ma dell’intera struttura urbana della città. La piazza con i suoi edifici pubblici e privati diventa adesso una vera e propria porta d’ingresso al centro storico. Il dualismo del nuovo complesso, pur costituendo un insieme unico, si esprime nel LAC che crea un collegamento con la parte moderna della città affacciata sul golfo, mentre il Palace e la chiesa di S. Maria degli Angioli sono i primi edifici che introducono alla storica via Nassa.
Lugano
2015
Giampiero Camponovo
Complessi Residenziali, Progetti